Arginone, i sindacati denunciano un’aggressione a due agenti

Pugni da un detenuto a un agente e al collega arrivato in supporto: prognosi di 7 e 5 giorni. Le sigle dei poliziotti penitenziari denunciano l’indifferenza dell’amministrazione carceraria: “Chiederemo un incontro al prefetto”

Un’altra aggressione al carcere dell’Arginone ai danni di due agenti della Polizia Penitenziaria che avrebbero riportato prognosi di cinque e sette e giorni certificati da una visita al pronto soccorso di Cona. È quanto riportano in un comunicato congiunto le sigle sindacali degli agenti di polizia penitenziaria (Sappe, Osap, Sinappe, Uilpa, Fns Cisl, Uspp e Cnpp), che oltre a denunciare l’evento si dicono “pronte ad ogni atto di protesta consentito per mostrare il proprio dissenso”.

L’incidente sarebbe avvenuto domenica, quando un agente in servizio in un reparto detentivo sarebbe stato colpito con diversi pugni al volto da parte di un detenuto straniero il quale, dopo essere stato fermato e “probabilmente sotto effetto di sostanze alcoliche prodotte artigianalmente” si sarebbe scagliato contro un secondo agente tra quelli accorsi in supporto per calmare la situazione prima di venire definitivamente messo in sicurezza.

Secondo il sindacato, i due agenti avrebbero riportato “rispettivamente sette e cinque giorni di prognosi, in attesa di ulteriori accertamenti”.

“Visto il repentino peggioramento della situazione, una rappresentanza dei lavoratori avrebbe chiesto un incontro urgente con i vertici della casa circondariale, al fine di ricercare in maniera costruttiva soluzioni immediate che portino più tutela alla salute degli operatori”, scrivono i sindacati che lamentano come i rappresentanti dei lavoratori “avrebbero ricevuto addirittura l’invito a chiedere il trasferimento per chi non accettasse la situazione attuale. Il personale, fortemente amareggiato e demotivato, starebbe seriamente valutando di richiedere di essere assegnato ad altre sedi, nonostante ciò si ripercuoterebbe inevitabile sulle proprie famiglie”.

Si tratta, affondano i sindacati, di “uno scontento generale che affligge tutto il personale, che ora si chiede se lavorare in queste condizioni non sia anch’essa una forma di ‘tortura’, di afflizione psicofisica. Presso l’istituto estense le condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro sono al minimo storico e i poliziotti penitenziari, già in grave carenza organica, fanno sempre più fatica a svolgere i propri compiti istituzionali”. Tra le lamentele più ricorrenti “vi sarebbe il fatto che si percepisca un senso di impunità, nonché l’assenza di un sistema di concessioni progressive, che rispondano ad un criterio premiale, più volte decantato dall’amministrazione centrale”.

“Sembrerebbe che alcuni detenuti, nonostante si sarebbero resi responsabili di gravi condotte disciplinari e penali, non avrebbero ricevuto alcuna risposta immediata ai loro gesti violenti da parte dello Stato”, riferiscono le segreterie provinciali delle organizzazioni sindacali, “e che, anche a fronte di circolari firmate dalla stessa amministrazione, non si sia provveduto all’allontanamento dei soggetti che si sarebbero resi colpevoli di aggressioni al personale, causando senso di emulazione in altri detenuti di indole aggressiva”.

Le opzioni di protesta sono quindi limitate – gli agenti di polizia penitenziaria non possono esercitare lo sciopero “o forme sostitutive di esso”, secondo la legge, ndr – ma sul piatto dei sindacati, la prima delle quali sarà un udienza con il prefetto che verrà richiesta già nei primi giorni del 2023.(estense.com)

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