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La droga dietro al traffico di cellulari all’interno del carcere delle Vallette

Un’indagine durata oltre tre anni ha smascherato gli accordi criminali tra detenuti e parenti in visita

Un’associazione criminale composta da detenuti, specializzata nel traffico di droga e nell’introduzione di telefoni cellulari in carcere, quella che sarebbe operativa all’interno del Lorusso e Cutugno di Torino, come evidenziato da una relazione della polizia penitenziaria inviata alla procura di Torino il 27 luglio di due anni fa. Queste, in estrema sintesi, le caratteristiche di una consorteria che, secondo le indagini condotte dagli investigatori, si baserebbe sui movimenti finanziari delle carte PostePay intestate a madri, compagne, mogli e fidanzate di alcuni detenuti coinvolti nel traffico di telefoni. E, forse, anche di droga.

A destare l’attenzione, infatti, sarebbe stata proprio la rilevanza economica delle operazioni, La relazione, infatti, fa notare come le carte PostePay venissero utilizzate proprio per ricevere denaro in cambio dell’uso o della ricezione dei cellulari e, in particolare, da parte dei detenuti del padiglione B. I dettagli emersi dall’indagine, cominciata addirittura tre anni fa e condotta fino allo scorso settembre, evidenzierebbero transazioni finanziarie coinvolgono cifre significative. Ad esempio, la presunta compagna di uno dei detenuti responsabili del traffico di telefoni, avrebbe ricevuto ben sedici “tranche” di denaro tra il 2021 e il 2022 per un totale di 4.870 euro. Tutte transazioni sono etichettate come “ricarica carta da esercente” o “ricarica carta da ufficio postale”.

E tutte effettuate da soggetti terzi, con gli autori delle ricariche rimasti sconosciuti. Un’analisi simile è stata condotta sui movimenti finanziari della madre di un detenuto, che ha ricevuto un accredito per l’utilizzo del telefono, con una cifra di 250 euro il 27 dicembre 2021 e ulteriori 600 euro il 5 gennaio 2022, che sembrano corrispondere all’acquisto di un cellulare usato. L’indagine sul Lorusso e Cutugno di Torino accende un faro anche su alcuni pagamenti correlati ai giorni di rilascio definitivo dal carcere: interpretati come “debiti” da saldare prima di lasciare il carcere. Gli accordi sui pagamenti sarebbero avvenuti tra i detenuti, durante i colloqui con i familiari, e successivamente, al di fuori del carcere, tra parenti paganti e riscossori occasioniali. Data l’entità degli importi, gli investigatori non escludono la possibilità che i compensi possano estendersi anche all’introduzione di sostanze stupefacenti all’interno della struttura carceraria.(torinocronaca)

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