Senato della Repubblica. Seduta n. 368 del 19/10/2021 .Interrogazione del Senatore Pillon al Ministro per la pubblica amministrazione sulla disparità tra lavoratori del settore privato e del settore pubblico sulla concessione del Congedo obbligatorio e il congedo facoltativo, alternativo al congedo di maternità

Pillon – Al Ministro per la pubblica amministrazione. – Premesso che:

l’articolo 4, comma 24, lettera a)della legge 28 giugno 2012, n. 92, ha istituito il congedo obbligatorio e il congedo facoltativo, alternativo al congedo di maternità, fruibili dal padre lavoratore dipendente anche adottivo e affidatario, entro e non oltre il quinto mese di vita del figlio;

l’articolo 1, comma 354, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), ha prorogato il congedo obbligatorio per i padri lavoratori dipendenti anche per le nascite e le adozioni o affidamenti avvenuti nell’anno solare 2017 ed ha previsto, per l’anno solare 2018, l’aumento del congedo obbligatorio da 2 a 4 giorni;

per l’anno solare 2019, l’articolo 1, comma 278, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019), ha aumentato a 5 il numero dei giorni di congedo obbligatorio;

per l’anno solare 2020, l’articolo 1, comma 342, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020), ha ulteriormente aumentato a 7 il numero dei giorni di congedo obbligatorio;

per l’anno solare 2021, l’articolo 1, comma 363, lettera a) della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio per il 2021), ha ulteriormente aumentato a 10 il numero dei giorni di congedo obbligatorio ed ha ampliato la tutela del congedo stesso prevedendone la fruizione anche nel caso di morte perinatale del figlio;

già nel 2013 con il parere n. 8629 del 20 febbraio il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri ha chiarito che tali disposizioni non sono direttamente applicabili ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e precisa che “la normativa in questione non è direttamente applicabile ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D. Lgs. n. 165 del 2001, atteso che, come disposto dall’art. 1, commi 7 e 8, della citata L. n. 92/2012, tale applicazione è subordinata all’approvazione di apposita normativa su iniziativa del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Pertanto, per i dipendenti pubblici rimangono validi ed applicabili gli ordinari istituti disciplinati nel D. Lgs. n. 151 del 2001 e nei CCNL di comparto”,

si chiede di sapere quali iniziative di competenza il Ministro in indirizzo intenda porre in essere per scongiurare che si possa verificare una disparità tra lavoratori del settore privato e del settore pubblico e l’esclusione dei lavoratori del pubblico impiego dalla possibilità di fruire di tale istituto, considerato anche che il testo unico sulla maternità e paternità (decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151) è applicabile ad entrambi i comparti e che il Parlamento europeo ha approvato la direttiva (UE) 2019/1158 che prevede 10 giorni lavorativi di congedo di paternità retribuito alla nascita di un figlio, cui l’Italia, come gli altri Stati membri, dovrà adeguarsi.llon

– Al Ministro per la pubblica amministrazione. – Premesso che:

l’articolo 4, comma 24, lettera a)della legge 28 giugno 2012, n. 92, ha istituito il congedo obbligatorio e il congedo facoltativo, alternativo al congedo di maternità, fruibili dal padre lavoratore dipendente anche adottivo e affidatario, entro e non oltre il quinto mese di vita del figlio;

l’articolo 1, comma 354, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017), ha prorogato il congedo obbligatorio per i padri lavoratori dipendenti anche per le nascite e le adozioni o affidamenti avvenuti nell’anno solare 2017 ed ha previsto, per l’anno solare 2018, l’aumento del congedo obbligatorio da 2 a 4 giorni;

per l’anno solare 2019, l’articolo 1, comma 278, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019), ha aumentato a 5 il numero dei giorni di congedo obbligatorio;

per l’anno solare 2020, l’articolo 1, comma 342, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020), ha ulteriormente aumentato a 7 il numero dei giorni di congedo obbligatorio;

per l’anno solare 2021, l’articolo 1, comma 363, lettera a) della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio per il 2021), ha ulteriormente aumentato a 10 il numero dei giorni di congedo obbligatorio ed ha ampliato la tutela del congedo stesso prevedendone la fruizione anche nel caso di morte perinatale del figlio;

già nel 2013 con il parere n. 8629 del 20 febbraio il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri ha chiarito che tali disposizioni non sono direttamente applicabili ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e precisa che “la normativa in questione non è direttamente applicabile ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D. Lgs. n. 165 del 2001, atteso che, come disposto dall’art. 1, commi 7 e 8, della citata L. n. 92/2012, tale applicazione è subordinata all’approvazione di apposita normativa su iniziativa del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Pertanto, per i dipendenti pubblici rimangono validi ed applicabili gli ordinari istituti disciplinati nel D. Lgs. n. 151 del 2001 e nei CCNL di comparto”,

si chiede di sapere quali iniziative di competenza il Ministro in indirizzo intenda porre in essere per scongiurare che si possa verificare una disparità tra lavoratori del settore privato e del settore pubblico e l’esclusione dei lavoratori del pubblico impiego dalla possibilità di fruire di tale istituto, considerato anche che il testo unico sulla maternità e paternità (decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151) è applicabile ad entrambi i comparti e che il Parlamento europeo ha approvato la direttiva (UE) 2019/1158 che prevede 10 giorni lavorativi di congedo di paternità retribuito alla nascita di un figlio, cui l’Italia, come gli altri Stati membri, dovrà adeguarsi.

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