Camera dei Deputati Seduta n. 52 di mercoledì 15 febbraio 2023

Nella seduta di mercoledì 15 febbraio, alle ore 16, informativa urgente del Governo sull’esito degli approfondimenti prospettati dal Ministro della Giustizia nel corso della seduta della Camera dei deputati del 1° febbraio scorso. Interviene il Ministro Carlo Nordio. Di seguito l’informativa del ministro Nordio

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Grazie, signor Presidente. Grazie, onorevoli colleghi, per la vostra attenzione. Mantenendo fede agli impegni assunti nei vostri confronti il 1° febbraio 2023, vi rassegno gli esiti della compiuta istruttoria svolta dalle articolazioni ministeriali. Svilupperò l’intervento in 3 momenti: il primo riguarderà la questione delle dichiarazioni rese in questa Camera dall’onorevole Donzelli; il secondo l’iter amministrativo e giudiziario di Cospito; il terzo le sue condizioni di salute.

Il 29 gennaio 2023 il Sottosegretario, onorevole Delmastro Delle Vedove, chiedeva al capo del DAP una relazione aggiornata sul detenuto Cospito sia da parte del Nucleo investigativo centrale, detto NIC, in ordine ai presidi esterni e all’attività esterna posta in essere da elementi della galassia anarchica e terroristica, sia del gruppo operativo mobile, il GOM, in relazione all’osservazione del detenuto. Il 30 gennaio il capo del DAP trasmetteva alla segreteria dell’onorevole Delmastro Delle Vedove le informazioni richieste.

La comparazione resa tra le dichiarazioni che sono state pronunciate nel corso del dibattito parlamentare del 31 gennaio e le informazioni contenute nelle relazioni del GOM e del NIC, che sono state citate prima, evidenziano che l’affermazione dell’onorevole Donzelli – recito testualmente – dai documenti che sono presenti al Ministero della Giustizia è riferibile ad una scheda di sintesi del NIC, indicata dal DAP come relazione, sulla quale non risultano posizioni formali di segretezza e neppure ulteriori diverse classificazioni, ai sensi dell’articolo 42 della legge 3 agosto 2007, n. 124. Questa legge, com’è noto, attribuisce il potere di apporre la classifica di segretezza all’autorità che forma il documento e stabilisce altresì che le uniche classifiche attribuibili sono quelle tassative di segretissimo, segreto, riservatissimo e riservato.

La rilevata apposizione della dicitura “limitata divulgazione”, che è presente nella nota di trasmissione della scheda di sintesi, rappresenta una formulazione che esula dalla materia del segreto di Stato e dalle classificazioni di segretezza, disciplinate dalla legge n. 124 del 2007 ed è di per sé inidonea a connotare il documento trasmesso come atto classificato. Si tratta di una mera prassi amministrativa interna, in uso al DAP a partire dall’anno 2020, che non è disciplinata a livello di normazione primaria.

Quanto poi al contenuto dei cosiddetti colloqui tra Cospito e altri detenuti, che sono desumibili dalla medesima scheda di sintesi del NIC, è chiaramente emerso che gli stessi non sono stati oggetto di un’attività di intercettazione di comunicazioni e nemmeno di conversazioni, ma frutto di mera attività di vigilanza amministrativa. Poiché, sia in questa onorevolissima Camera che al Senato, si è ipotizzata la possibilità che fossero state divulgate delle intercettazioni preventive o altro, disposte dalla magistratura, desidero chiarire su questo punto che nessuna di queste intercettazioni, neppure in parte, è mai stata divulgata, né sarebbe stato possibile, perché non ci sono.

Dalle note del 2 febbraio inviate dal comandante del NIC al capo del DAP emerge che – cito – la natura del documento non rileva o disvela contenuti sottoposti al segreto investigativo o rientranti nella disciplina degli atti classificati e che, allo stato e relativamente al detenuto in oggetto, non risultano a carico di questo servizio centrale di polizia giudiziaria deleghe alle indagini conferite dalle autorità giudiziarie né tantomeno sono state intraprese attività investigative di iniziativa.

In conclusione, la scheda di sintesi del NIC non rientra nella categoria degli atti classificati né rileva o disvela contenuti sottoposti a segreto investigativo o, comunque, frutto di attività di intercettazione, trattandosi di un appunto da inserirsi nel quadro delle attività di elaborazione dei dati e delle notizie, di cui all’articolo 3, comma 4, del decreto ministeriale del 28 luglio 2017, e redatto sulla base degli elementi informativi, frutto delle attività di vigilanza, di cui all’articolo 42 del DPR n. 82 del 1999.

Successivamente al dibattito in Aula, alcuni parlamentari hanno inoltrato al Ministero richieste di rilascio di copie e/o di accesso a una pluralità di atti concernenti la posizione del detenuto Cospito. Il Ministero, valutando le istanze quale espressione del potere parlamentare di sindacato ispettivo, ha fornito ai richiedenti il contenuto degli atti nel rispetto della loro ostensibilità ed epurati dai dati sensibili riguardanti il personale operante e i detenuti. Allo stesso tempo, la pendenza di una indagine da parte della procura di Roma mi impone di procedere nel doveroso rispetto delle prerogative e dell’operato dell’autorità giudiziaria.

Per quanto riguarda l’iter amministrativo e giudiziario del caso Cospito mi riporto a quanto detto la volta precedente. Nei suoi confronti sono, per così dire, pendenti due situazioni: una di competenza esclusivamente giurisdizionale, che viene trattata davanti alla Corte di cassazione, e una di competenza di questo Ministero, a seguito della richiesta di revoca che è stata inoltrata dal difensore del Cospito per la revoca del 41-bis.

Nel frattempo è bene che io vi aggiorni. Do per noto quello che ho detto la volta scorsa senza dilungarmi in una prolissa ricostruzione di tutto l’iter giudiziario che riguarda i due settori, quello che riguarda appunto la sfera di cognizione, di esclusiva competenza della magistratura, autonoma e indipendente, e quello che invece riguarda questo Ministero. Nel contempo sono intervenute sulla vicenda novità delle quali avete probabilmente, anzi sicuramente, avuto conoscenza da fonti di stampa.

Il 9 febbraio, dopo aver acquisito i pareri di tutte le autorità giudiziarie e di Polizia interessate, ho firmato il decreto con il quale è stata respinta la richiesta di revoca anticipata del regime previsto dall’articolo 41-bis avanzata il 12 gennaio dal difensore. Gli elementi di novità addotti dalla difesa a sostegno della richiesta di revoca anticipata del regime carcerario differenziato non sono dotati della necessaria portata demolitoria dei presupposti per il mantenimento di questo regime. Faccio presente che la ragione, che giustifica l’inoltro di una istanza di revoca dell’articolo 41-bis da un punto di vista giuridico, poggia sulla sopravvenienza di novità rilevanti.

Ebbene, questa valutazione che ho fatto io trova pieno riscontro nel parere che è stato espresso il 31 gennaio dallo stesso Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, di cui mi permetto di citare testualmente le dichiarazioni con le quali ha ritenuto non fondate le ragioni giuridiche che erano state portate dal difensore del Cospito a sostegno della sua richiesta di revoca. Sono, ripeto, parole o, meglio frasi che sono state scritte dal Procuratore nazionale antimafia: Le argomentazioni difensive poste a sostegno dell’istanza di revoca non appaiono – scrive il Procuratore antimafia – condivisibili; i profili di pericolosità correlati al ruolo associativo del detenuto risultano confermati, smentendo le deduzioni difensive, e sono confermati dal moltiplicarsi delle azioni intimidatorie e violente, seguite all’adozione del regime penitenziario speciale, del quale si discute, da parte di gruppi anarchici insurrezionali che, superando le divisioni interne, hanno ritrovato coesione nella campagna di proteste volte a ottenere la revoca del provvedimento. Non solo – cito sempre il parere del Procuratore nazionale antimafia di cui magari la stampa ha diffuso soltanto una parte -, richiamando le note informative del ROS e della DCPP risulta che quei gruppi hanno sviluppato sinergiche ed intimidatorie azioni di protesta, unitamente a noti irriducibili già condannati per appartenenza ad organizzazioni terroristiche di antica matrice marxista-leninista, realizzandosi una imprevedibile convergenza di obiettivi e di metodi di per sé rivelatrice della generalizzata eccitazione delle pulsioni criminose proprie di circuiti eversivi tradizionalmente lontani e non comunicanti tra loro, ma ora cooperanti. Il parere prosegue con l’espressione: ribadita la fallacia delle deduzioni difensive. È vero che, in una seconda parte di questo documento, che è stato ampiamente anche discusso dalla stampa, il parere del Procuratore nazionale antimafia si sofferma su un secondo aspetto, che tutti conoscete, ma a me interessava dare qui rilievo al profilo squisitamente giuridico. Perché, ripeto, l’istanza di revoca dell’articolo 41-bis poggia sulla sopravvenienza di fatti nuovi, che lo stesso Procuratore antimafia ha considerato irrilevanti o comunque non accoglibili.

Sull’infondatezza di queste deduzioni difensive convergono, tra l’altro, nei rispettivi pareri, il procuratore generale presso la corte d’appello di Torino e il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Torino della Direzione distrettuale antimafia. Mi sento anche in dovere di precisare che, in tale mia determinazione, non ha influito, né poteva influire la requisitoria del Procuratore generale presso la Corte di cassazione; anche qui si è fatta confusione.

Come ho detto, vi è un processo – sul quale la magistratura è autonoma, indipendente e sovrana nel pronunciarsi – che pende davanti alla Suprema Corte di cassazione e il Procuratore generale presso la suddetta Corte ha depositato un parere, l’8 febbraio 2023, che è un atto endoprocedimentale o endoprocessuale, cioè è un atto che afferisce ad una fase giurisdizionale, per l’udienza fissata il 24 febbraio, che il Ministero non può conoscere e, in quanto tale, è un documento che non è stato richiesto all’autorità procedente e non è mai stato comunicato dalla stessa. Questo va ribadito perché anche qui ho addirittura letto che io avrei emanato il provvedimento di rigetto ignorando o, addirittura, dopo aver letto – e disattendendolo – il parere del Procuratore generale della Cassazione. Ripeto, questo atto non poteva e non doveva essere inviato al Ministero e, infatti, non ne abbiamo avuto conoscenza, o, meglio, ne abbiamo avuto conoscenza, come spesso accade, attraverso la stampa.

Gli elementi addotti dalla difesa del Cospito attengono invece a procedimenti penali rispettivamente avviati dall’autorità giudiziaria di Roma e da quella di Perugia, che hanno ad oggetto delle strutture associative che non sono aderenti al FAI-FRI, alle quali comunque Alfredo Cospito non prendeva parte.

Quanto al procedimento contro Sibilla, quello fondamentale, ricordo che la Corte di cassazione, con la sentenza 22 giugno 2022, ha annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale di Perugia che non aveva riconosciuto nei confronti di Cospito la ricorrenza del reato di cui all’articolo 414 del codice penale – quello di cui ho parlato l’altra volta, la cosiddetta strage, ma strage con decessi -, mentre ha ritenuto che dovesse essere presa in considerazione l’ipotesi più grave che prevede la pena dell’ergastolo per l’articolo 285, e vi tralascio, per non annoiarvi, le ulteriori considerazioni di ordine giuridico.

E passo all’allegazione della difesa per quanto riguarda l’attenuazione della pericolosità sociale del detenuto. Qui va premesso che, per la costante giurisprudenza in materia, il regime carcerario differenziato previsto dall’articolo 41-bis ha natura preventiva e, quindi, è sufficiente che sussista il pericolo, e non già l’effettività di contatti con l’esterno da parte del detenuto. L’incessante succedersi di eventi critici, legati indubitabilmente alla galassia anarco-insurrezionalista, cui appartiene l’associazione comandata da Alfredo Cospito, mi ha, quindi, determinato a rendere immutata, ed anzi aumentata la valutazione sulla sua pericolosità sociale. Questi pericoli sono confermati dal moltiplicarsi delle azioni intimidatorie e dalle violenze, che sono seguite all’adozione del regime carcerario differenziato, da parte di gruppi anarco-insurrezionalisti.

Permane dunque la capacità del Cospito di orientare le iniziative di lotta della galassia anarco-insurrezionalista verso strategie e obiettivi più rilevanti. Gli appelli del detenuto, al di là dell’assenza di un suo specifico mandato per ogni singola vicenda, non solo non vengono ignorati, ma si sono trasformati in un’onda d’urto, propagatasi sul territorio nazionale e all’esterno. Questo mondo antagonista si muove ispirandosi a Cospito e a sostegno di costui mediante azioni violente di grave intimidazione, ossia proprio ciò che il detenuto propugna, e che viene immediatamente raccolto in pratica e in atti concreti.

Segnalo al riguardo che, nell’arco di pochissime settimane, la spirale degli eventi verificatisi, ha suscitato un forte allarme sociale su tutto il territorio nazionale, tanto da imporre misure di sicurezza rafforzate. Citerò alcuni di questi eventi, senza entrare nei dettagli.

Il 5 dicembre 2022, davanti alla Corte d’assise di Torino, sono stati intonati i cori: “Chi va col nucleare impari a zoppicare” – c’è stato un chiaro riferimento alla gambizzazione (non si tratta solo di una manifestazione di pensiero) dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare – e “Susy Schlein impara a parcheggiare”, che è stato il Leitmotiv di questa protesta.

Il 28 dicembre 2022, alla redazione del quotidiano di Livorno Il Tirreno, è stata inviata una missiva anonima, dal tenore: “Se Alfredo Cospito muore, i giudici sono tutti obiettivi. Due mesi senza cibo. Fuoco alle galere”. Il 28 gennaio 2023, a Torino, è stata data alle fiamme la cabina di un ripetitore telefonico, con l’apposizione della scritta: “Fuori Alfredo Cospito dal 41-bis”. Il 30 gennaio 2023 a Roma sono state incendiate 5 autovetture.

L’11 febbraio 2023, a Milano, si è svolto un corteo con oltre 500 manifestanti, caratterizzato da un alto livello di conflittualità, degenerata in scontri con le Forze di Polizia, a seguito dei quali sono rimasti feriti 2 manifestanti e 6 operatori di Polizia. Il 13 febbraio 2023, il Ministero dell’Interno ha ritenuto di implementare i servizi di prevenzione e vigilanza, al fine di scongiurare azioni ostili o criminose in danno di siti o obiettivi sensibili.

Vanno, altresì, menzionate le molteplici azioni intimidatorie e violente ai danni delle rappresentanze diplomatiche e degli istituti di cultura italiana all’estero. Quindi, è proprio l’incessante succedersi di eventi critici, legati alla galassia anarco-insurrezionalista, cui appartiene Cospito, che aumenta il rischio di collegamento operativo del detenuto con questi ambienti, ovvero con la sua associazione criminale di riferimento. Da qui, le ragioni del mantenimento del regime differenziato.

Passando alla terza parte dell’intervento, cioè alla salute del detenuto, ribadisco che lo Stato ha il dovere di tutelare, comunque, sempre le condizioni di salute di ogni detenuto e, dunque, anche di Cospito ed è per questo che è doveroso che ora vi rassegni la cronologia dei nostri interventi. Premesso che il 20 ottobre 2022 Cospito ha avviato uno sciopero della fame, passando da 115 a 70 chilogrammi di peso, è stato trasferito, il 30 gennaio 2023, presso la casa di reclusione di Milano-Opera, in cui si trova uno dei migliori centri clinici per l’assistenza. Era assicurato, ovviamente, il continuo, quotidiano monitoraggio del suo stato di salute.

In data 11 febbraio, Cospito è stato ricoverato nella V divisione di medicina protetta dell’ospedale Santi Paolo e Carlo di Milano, dove è tuttora degente. Si tratta, ovviamente – come sapete -, di un centro clinico di eccellenza, dove le sue condizioni vengono monitorate in tempo reale. A tale decisione, si è giunti a seguito di una visita collegiale, che era stata eseguita dai sanitari dell’ospedale di Milano, che hanno rilevato un calo progressivo dei livelli di elettroliti, per il quale è stato indicato il rimedio del ricovero ospedaliero, al quale abbiamo subito provveduto.

Dalla relazione sanitaria del 12 febbraio del 2023, è emerso che Cospito si trova in discrete condizioni generali, è vigile e orientato, autonomo nella deambulazione; viene posto in monitoraggio elettrocardiografico continuo e sono richiesti esami ematici di controllo e proposta terapia, che, al momento, accetta solo parzialmente. Tuttavia, dalla nota del 13 febbraio, si rileva che il detenuto ha ripreso gli integratori di potassio e i valori sono risaliti di poco. Questa condizione è lievemente migliorativa. Successivamente, i medici hanno rilevato che ha migliorato notevolmente il quadro clinico, che, comunque, rimaneva critico. Dalla nota del giorno successivo, 14 febbraio, risulta che Cospito, nella giornata di ieri, abbia assunto yogurt con miele e oggi ha assunto potassio, zucchero e sale. Ha anche fatto sapere che già dal pomeriggio riprenderà l’assunzione degli integratori personali. Gli esami ematici hanno fatto apprezzare il rientro nella norma del potassio, mentre il valore del sodio risulta nei limiti inferiori del range, anche se in netta risalita.

Dalle risultanze della documentazione medica non emerge, fortunatamente, alcun decadimento cognitivo del detenuto. L’elemento cognitivo è l’unico elemento valutabile ai fini dell’incidenza sulla pericolosità sociale, che viene in rilievo nella procedura di revoca del regime del carcere duro.

In ogni caso, l’eventuale compromissione dello stato di salute generale è attentamente valutata, lo ripeto ancora una volta, anche dalle competenti autorità giudiziarie, le uniche deputate a verificare la compatibilità con il mantenimento della restrizione carceraria.

Appare opportuno ricordare che il 27 gennaio 2023, l’Ufficio di sorveglianza di Sassari – quindi, vedete quante siano state le autorità giudiziarie che si sono pronunciate e continuano a pronunciarsi in questo settore -, in via di urgenza, ha ritenuto la insussistenza di elementi idonei a giustificare un rinvio obbligatorio o facoltativo dell’esecuzione della pena nei confronti del Cospito, reputando lo stato di salute di costui, costantemente monitorato e tutelato, comunque, compatibile con il regime detentivo carcerario.

Ancora una volta, rappresento che, per la massima tutela della salute del detenuto e del rispetto della volontà, dallo stesso esplicitata, di rifiutare eventuali trattamenti sanitari salvavita, come forse già avete qui appreso dalla stampa, in data 6 febbraio 2023, abbiamo inoltrato al Comitato nazionale di bioetica una richiesta di parere.

In conclusione, le condizioni di salute del Cospito, derivanti, in via esclusiva, dallo sciopero della fame da lui attuato sin dalla data del 20 ottobre, non sono tali da incidere in maniera determinante sulla sua rilevante e permanente pericolosità sociale. Rappresento che il detenuto non è affetto da una patologia cronica invalidante, ma si sta volontariamente procurando uno stato di salute precario, perseverando nel suo comportamento, nonostante i reiterati inviti da parte dell’autorità sanitaria a desistere dal mantenere questa condotta.

Un’osservazione finale. È appena il caso di rilevare che, qualora la modifica del regime del 41-bis fosse subordinata alle condizioni di salute del detenuto, e, a loro volta, queste condizioni di salute fossero determinate da una scelta consapevole di deterioramento fisico attraverso il rifiuto della nutrizione, la stessa norma – questo è importante – perderebbe automaticamente di efficacia, perché, chi vi fosse sottoposto, potrebbe, attraverso la medesima strategia, ottenere la modifica. Questo, è evidente, vale per Cospito, ma, un domani, potrebbe valere per le centinaia di mafiosi sottoposti al 41-bis.

Vi è, dunque, un’insanabile contraddizione logica tra la richiesta, pressoché unanime, di questa stessa onorevolissima Assemblea di mantenere questa disciplina severa e quella, che per ora è limitata al caso Cospito, di modularla in funzione di una libera scelta dell’interessato, al quale spetterebbe, in ultima analisi, la delibera e la decisione sulla sua stessa applicazione

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