Benevento. Episodio nell’istituto penale minorile di Airola. Diverse le accuse. Fatto non sussiste

 

Un’assoluzione e quattro non doversi procedere perchè il fatto non sussiste. Sono le decisioni del gup Maria Di Carlo per cinque appartenenti alla polizia penitenziaria, in servizio presso l’Istituto penale minorile di Airola, coinvolti in una inchiesta centrata su una vicenda di cui avrebbe fatto le spese un detenuto, vittima di presunte violenze e botte.

L’assoluzione è stata stabilita per Stefano De Cesare (avvocato Paolo Abbate), assistente capo coordinatore, giudicato con rito abbreviato, per il quale il pm Maria Colucci aveva chiesto la condanna per violenza privata aggravata. Prosciolti il commissario capo Antonietta Errico (avvocato Antonio Leone), l’ispettore Michele Campobasso, l’assistente capo coordinatore Pompeo Falzarano e l’agente Carmine Rega, tutti difesi dall’avvocato Vittorio Fucci.

Diverse le accuse: violenza privata per Falzarano e Rega, concussione e falso per Errico, falso per Campobasso.

I fatti si sarebbero verificati a cavallo tra il 26 marzo ed il 1 aprile del 2019 all’interno della struttura, successivamente al rinvenimento ed al sequestro, da parte degli agenti, di due cellulari nella stanza di un ospite, napoletano. Secondo gli inquirenti, durante l’interrogatorio al quale sarebbe stato sottoposto il 26 aprile, il giovane – è rappresentato dall’avvocato Salvatore Irlando-, che si era assunto la responsabilità del possesso dei due apparecchi, sarebbe stato costretto a rivelare i nomi di ulteriori responsabili dell’introduzione dei telefonini nel carcere. Mentre era seduto, sarebbe stato colpito ripetutamente; poi, quando aveva tentato di fuggire, sarebbe stato inseguito lungo il corridoio, messo in un angolo, aggredito e picchiato.

Nel mirino, inoltre, quanto sarebbe avvenuto a distanza di qualche giorno: il 1 aprile, quando al recluso sarebbe stato intimato di non riferire ciò che gli sarebbe capitato, altrimenti avrebbe rischiato una denuncia per oltraggio a pubblico ufficiale. Nella stessa circostanza – sosteneva l’accusa- gli sarebbe stato detto che se li avesse un po’ aiutati, loro avrebbero fatto altrettanto: il tutto per costringerlo a presentare una dichiarazione orale di rinuncia al diritto di querela. Attenzione puntata, infine, sulla relazione nella quale era stato descritto l’episodio del 26 aprile, di cui sarebbe stata fornita, a detta del Pm, una falsa rappresentazione.

Si tratta di una inchiesta scandita anche dalla richiesta di una misura interdittiva avanzata dal Pm nei confronti di tutti gli indagati e respinta dal gip Loredana Camerlengo, con una decisione confermata anche dal Riesame, al quale aveva fatto ricorso lo stesso Pm.

Inizialmente era stato tirato in ballo anche un sesto agente, Carlo Ilario (avvocato Francesco Perone), la cui posizione era stata archiviata anche alla luce delle pronuncia del Riesame, che ne aveva escluso ogni coinvolgimento, oltre che per le esigenze cautelari, anche in relazione ai gravi indizi di colpevolezza. Oggi la sentenza per gli altri cinque: il fatto non sussiste.(ottopagine)

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